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martedì 30 settembre 2014

La vita è un treno !





Osservando come si dispongono le persone mentre salgono su di un treno vuoto, appena arrivato in stazione, si comprende che esse sono molto meno "social", quando non hanno davanti uno schermo a fargli da paravento. La gente tende sistematicamente a posizionarsi più lontano possibile dal prossimo, occupando tutti gli scompartimenti liberi. Soltanto quando questi sono tutti presi, allora, con malcelata riluttanza, vanno a sedersi vicino ad altri viaggiatori. Salvo poi rimettersi davanti agli occhi il display di uno smartphone e ritornare a socializzare digitalmente con qualche semisconosciuto chissà dove. Mentre magari, davanti a loro ci sarebbe qualche apprezzabile persona in carne ed ossa, capace di intrattenerli assai meglio di un nickname bizzarro legato ad un' improbabile pic. Un vero peccato se ci si riflette un attimo.
Al di là delle italiche inefficienze, il treno è un mezzo di trasporto straordinario, sottovalutato. Okay, forse sono di parte. Il mio babbo, ex ferroviere, mi ha messo in viaggio su rotaia quando non avevo neanche nove mesi di vita, direzione Calabria. Roba che allora significava almeno 15 -16 ore di percorrenza e con i ritardi si arrivava facilmente a sfiorare le 20 ore. Ogni anno due viaggi del genere, anche tre. E così è stato almeno fino a quando avevo 20 anni. Con il privilegio, in quanto figlio di ferroviere, di viaggiare gratis fino ai 25. I miei amici me l'hanno sempre un po' comprensibilmente invidiata sta cosa. E quando ho smesso di avere diritto ai biglietti gratuiti, ironia della sorte, dopo poco tempo mi sono sposato con una ferroviera ed ho riacquisito il privilegio, senza scadenza temporale, stavolta. Quindi mi sento un po' un predestinato. E per sdebitarmi col destino, vi devo un po' di annedoti. Mi pare il minimo. In tutto sto tempo di gente bizzarra ne ho incontrata davvero tanta.
Come quel tipo, di cui vi ho già parlato in un precedente post, che salì con un intera cassa di vino e voleva a tutti costi che ci ubriacassimo insieme a lui. Oppure quella anziana signora che pretendeva dalla figlia , ogni cinque minuti, un bicchiere  pieno d'acqua, salvo poi berne appena un sorso e gettare nel corridoio il resto. Inutile sottolineare che già dopo un'ora di viaggio, il passaggio tra gli scompartimenti  era perfettamente navigabile e ti aspettavi che il capotreno sbucasse all'improvviso da una gondola. Ma il vero delirio l'ho vissuto al ritorno dalla Calabria, quando con il marciapiede gremito di persone un trenino corto e malandato si avvicinava timoroso alla banchina. L'assalto alla diligenza, al confronto, una roba puerile. Neanche lo facevano fermare. Vedevi ottuagenari salire dai finestrini con la leggiadria di  fringuelli in calore. Non c'era nessuna pietà per donne, bambini o disabili. La gente era assetata di posti a sedere e sarebbe stata disposta a uccidere per ottenerli. Una volta esauriti si accampavano ovunque, dormivano appollaiati sulle griglie portabagagli con la testa penzolante come pipistrelli.
Un capitolo a parte meritano le scenette tragicomiche che ti si presentano quando hai la sventura di condividere una cuccetta con altri avventori. Nelle mie vacanze giovanili, viaggiavamo sempre di notte e sognare la grande avventura erotica era la prassi. Una fantasia che andava sempre delusa impietosamente. In un film ti sarebbero capitate minimo due gnoccolone da competizione, bramose di misurare il proprio sex appeal. Nella realtà, decadente come un dipinto di Munch, già a distanza di dieci metri vedevi un arzilla coppietta di ultranovantenni e già sapevi senza controllare la numerazione dei posti, che quelli aspettavano solo te. Tempo di sistemare i bagagli e i vetusti passeggeri già spengevano le luci. Ti ritrovavi a mangiarti un panino in piedi nel corridoio e a socializzare col personale viaggiante che, comprendendo la situazione, ti compativa scrollando il capo. Una volta che decidevi di entrare non trovavi più uno scompartimento di cuccette, ma la premiata segheria sfrantumapalle. I vecchietti se la russavano alla grande e te sapevi che non sarebbe finita fino alla mattina dopo. O meglio, ogni tanto c'erano delle pause, perché l'anziano patriarca, sovente affetto da ipertrofia prostatica benigna, si alzava per pisciare con la regolarità del bifidus actiregularis. Se non beccavi la coppia di anziani, la variante ricorrente era il viaggiatore solitario puzzolente. Non di rado affetto da bromidrosi plantare, una volta che si toglieva le scarpe per coricarsi sapevi che era finita. Potevi soltanto restare sveglio e farti un master olfattivo gratuito di stagionatura del gorgonzola. Fantozzi non si  è inventato niente, a ben vedere.
A questo punto la tentazione di farvi una carrellata di tutte le più comuni tipologie di passeggeri è troppo forte. E chi sono io per non cedere ?
Sono certo che molti di voi ne riconosceranno tante e magari, si riconosceranno, in una di queste.

- L'uomo d'affari -

Sempre elegantissino e non di rado intriso di profumo, si accomoderà vicino a voi con quotidiano e valigetta 24 ore. Iper-tecnologico, iperattivo, dotato spesso di pc e smartphone di ultimissima generazione. Molto comune nei treni ad alta velocità nelle classi costose. Ama parlare a voce alta cimentandosi in conversazioni telefoniche infinite. Irritante.

- L'osservatore -

Silenzioso, quasi furtivo. Ti accorgi della sua presenza quando già si è seduto da cinque minuti. A volte indossa occhiali scuri e comincia a fissarti da capo a piedi. E' capace di ipotizzare dalla tua postura se esiste la possibilità che tu abbia le mutande bucate o un ragno che ti cammina sulla schiena. Inquietante.

- Il letargico -

Costui ha un solo modo di concepire il viaggio, lungo o breve che sia: dormire. Sale sul treno che già barcolla. Non si siede, ma stramazza sul sedile. Se non russa è il compagno ideale per chi ama la tranquillità e odia fare conversazione. Soporifero.

- Il gourmet -

Non riesce a distaccarsi dal cibo neanche su una tratta di 5 km. Il convoglio è appena partito e scatta il picnic selvaggio. Inonda il vagone con odori intensi per stomaci forti. Se ha dei panini sono quasi sempre riempiti con salame o mortadella. Non è infrequente vederlo all'opera mentre si serve le lasagne o la pasta al forno della mamma. Attrezzatissimo.

- Il polemico -

Fissa l'orologio e appena scatta l'orario di partenza comincia a contare i secondi di ritardo. Attacca facilmente pipponi devastanti sull'inefficenza delle ferrovie italiane, sulla sporcizia delle carrozze, finendo per parlare di politica e, nei casi più estremi, di chimica quantistica. Spaventoso.

- Il simpaticone -

Ha una sola missione: rendersi simpatico. Finisce quasi sempre per rendersi ridicolo. Da il peggio di se quando gli capita vicino una figona da competizione. A quel punto diventa ingestibile e imbarazzante. Il fatto che nessuno rida non lo ridimensiona, ma anzi lo sprona, in un crescendo rossiniano di autentiche idiozie. Patetico.

- L'esibizionista -

In abiti succinti e dalla scosciata facile ama provocare e gustarsi le reazioni. Predilige i treni affollati ed ha un istinto micidiale nell'individuare le vittime che meglio si prestano ai propri sadici giochini. Spietata.

- Il maniaco -

L'altra faccia della medaglia. Spesso trasandato e dalle occhiaie scolpite nel marmo, questo passeggero è capace di farsi tutto il convoglio da cima a fondo, anche più volte, prima di scegliere il posto più adatto dove sedersi. Talvolta anche molesto e pericoloso, ma più frequentemente solo un pavido guardone. Rivoltante.

- L'accattone -

Il classico dei classici. Quello che ferma chiunque incontri con sempre la stessa domanda: "C'hai mica un po' di spiccioli che devo fare il biglietto?" Dalla sceneggiatura immutabile. Surreale.


Mi fermo qui. Quelli che mancano magari potete aggiungerli voi.
Per vostra sfortuna, questo non è un treno che passa una volta sola.



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